La versione di don Giovanni. Il parroco di Vertova non si nasconde e spiega per filo e per segno com’è andata la (tristemente) nota storia della Casa della Angeline. Una vicenda che ha scosso il paese di Vertova tra settembre e dicembre. Che ha portato alla chiusura della storica struttura che sino a poche settimane fa ospitava 30 signore anziane. E che in paese era un punto di riferimento molto sentito.
“Innanzitutto ringrazio per la possibilità che mi è offerta di fornire alcune precisazioni e alcuni chiarimenti necessari per poter riportare serenità nella nostra comunità dopo un periodo doloroso per tutti – esordisce don Giovanni Bosio -. Per capire quello che è successo è necessario fare un passo indietro nel tempo. La Casa delle Angeline inizia la sua attività di assistenza e beneficenza nell’anno 1993. Infatti in data 8 giugno 1993 viene promulgato dal prevosto don Enzo Locatelli il regolamento parrocchiale per i servizi di assistenza della ‘Casa delle Angeline’ e viene pubblicato sulla Voce di Vertova del mese luglio/agosto 1993.
Oggetto dell’attività di assistenza e beneficenza sono i servizi individuati nell’art.87 ‘case di riposo’ e art.89 ‘strutture protette’ della L.R. n. 1/1986. Oggetto poi modificato, sempre dal prevosto don Enzo Locatelli, in data 28 dicembre 1995 sostituendo l’art. 87 e l’art. 89 con l’art. 75 ‘casa albergo e di soggiorno’.
Sempre sulla Voce di Vertova del mese luglio/agosto 1993 a pag. 17 viene presentata la struttura e viene chiaramente specificato che l’obiettivo è l’accoglienza di persone sole e autosufficienti, così come previsto dall’art. 75 richiamato. Io non c’ero però i dati presenti nell’archivio della casa delle Angeline chiariscono come dopo pochi mesi erano presenti nella struttura persone non autosufficienti e anche persone allettate”.
E questa è la situazione della Casa delle Angeline prima che don Giovanni Bosio iniziasse il suo servizio a Vertova.
“Al mio arrivo come prevosto mi sono quindi trovato a gestire una struttura che presentava già la forma e le caratteristiche che in questi mesi hanno portato alla situazione che tutti conosciamo. Non mi sono mai permesso di dire che è colpa del precedente parroco: mi sono solo limitato a dire che ho proseguito l’attività della Casa delle Angeline così come l’ho trovata, lasciando l’assistenza spirituale e la celebrazione della messa presso le Angeline allo stesso don Enzo, che mi aveva chiesto di poter continuare in questa opera e volentieri ho acconsentito”.
Veniamo al presente. “Come anche il vostro giornale ha riportato in precedenti articoli, nei mesi di agosto e settembre abbiamo subito varie ispezioni da parte dei Nas e della ATS per accertare che la struttura agisse nell’ambito dell’art. 75 della Legge Regionale 1/86. Durante le ispezioni è stata constatata la presenza di pazienti allettate e non autosufficienti e, solo per questi motivi, è stata disposta la chiusura della struttura. Non è quindi il prevosto che ha deciso la chiusura ma ci è stata imposta dalla ATS, come ben sanno i parenti, tutti, che hanno assistito alle due riunioni organizzate dalla ATS, durante le quali sono stati specificati i motivi di tale decisione. Abbiamo provato in tutti i modi di scongiurare tale evento, ma, come è a conoscenza di tutti, ciò non è stato possibile”.
I parenti si sono lamentati fortemente per la modalità con cui gli organi competenti si sono relazionati con loro, parlando di “poca sensibilità” e di “mancanza di dialogo”. Da parte di ATS, ma anche da parte della parrocchia.
“Anch’io sono rimasto sconcertato dalle modalità con cui tutta la situazione è stata gestita. L’ATS ha accentrato a sé tutta la gestione e non mi è stato permesso nemmeno di suggerire o di proporre una qualsiasi soluzione. Come ben sanno i parenti che erano presenti alle due assemblee la nostra presenza non era nemmeno stata richiesta e a fatica è stata tollerata! Nulla ho potuto fare se non cercare di rendere, per quanto mi è stato possibile, meno doloroso per le pazienti il trasferimento nelle altre strutture scelte da ATS. Il mio silenzio, da molti interpretato come disinteresse, è frutto della mia volontà di non complicare ulteriormente i rapporti con ATS e di non interferire con quanto stavano facendo le persone indicate dalla Curia a seguire questa delicata situazione. Con dolore ho quindi dovuto rinunciare a parlare con i parenti delle pazienti per non esasperare ulteriormente animi già provati”.
E adesso che prospettive ci sono per la struttura?
“La Casa delle Angeline si poneva come obiettivo ‘l’accoglienza di persone sole e autosufficienti’ (Voce di Vertova luglio/agosto 1993, pag. 17). Con le normative odierne non sembra più possibile perseguire questo obiettivo. Non si poteva ‘sistemare qualcosa’ perché avremmo dovuto trasformare la struttura in RSA e adeguare l’immobile e la struttura organizzativa secondo le direttive proprie delle RSA, ma l’immobile presenta difficoltà non superabili e la struttura organizzativa avrebbe richiesto un organico con costi che non ne avrebbero permesso il mantenimento.
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