Alle 9 del mattino di martedì 12 marzo i grossi massi sono ancora lì ad ostruire il passaggio. Ai lati della strada un escavatore ed un autocarro fermi e tante transenne, ma in giro non c’è anima viva. Il pensionato che viene a vedere immaginando probabilmente un cantiere in piena attività ci rimane male. Borbotta: “Ho bell’e che capito, non si fa niente neanche oggi… Asini, ecco a chi siamo in mano, a degli asini, che stanno tutti dalla stessa parte!” – sbotta scuotendo il capo.
“Forse staranno lavorando a monte, su in alto, nel bosco, al disgaggio dei massi pericolanti e alla posa delle microcariche… – obietto timidamente. Il pensionato mi guarda con compatimento: “E non si sente nemmeno il minimo rumore? Nemmeno una voce che è una”? – e se ne va, tanto arrabbiato da non rispondere nemmeno al mio saluto.
Intanto osservo alcuni autocarri: probabilmente si tratta di camionisti non informati della frana, perché attraversano il ponte e frenano di colpo trovandosi la strada sbarrata; si fermano, leggono i cartelli, fanno manovra, riattraversano il ponte e scendono in direzione Villa d’Ogna.
Cristian Verzeroli, dal bancone del minimarket posto proprio all’angolo di Ponte Seghe, pensa anche ai danni economici che la deviazione del traffico comporta: “Io me ne sono già accorto, nessuno si ferma a far spesa qui perché tutti deviano verso Valcanale prima di attraversare il ponte… Ma penso anche a chi ha delle attività in alta valle, a chi commercia in ferramenta, in putrelle, ecc….
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