Viaggio nel gusto/1 – Al MaSa tra il ‘taglio scelto del macellaio’ ai preludi di Scriabin, dal risotto con polvere di cacao e pezzetti di mostarda al fascino del Passo

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Da questo numero cominciamo un viaggio nel gusto dei ristoranti della provincia. Un viaggio particolare, dove abbinare sapori ed emozioni. Perché le ricette sono un bene universale estremamente democratico, un tesoro che appartiene a tutti e che come le sette note può essere combinato in migliaia e migliaia di modi e diventare personale, a volte unico. Ed è questa unicità che vogliamo raccontarvi.

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di Lucio Toninelli

Al di là del bene e del male” e di un Menù, c’è Emanuele e il suo MaSa Chalet.

Non sono né un gourmet raffinato, né un gourmand sfrenato; non un critico culinario, né tantomeno un attributore di stelle e diplomi. Zero. Amo la cucina come un’arte di cui so di non essere esperto. Come la musica, uguale preciso! 

Una cosa la so di certo, però: cosa mi soddisfa anima e corpo, e cosa no. E sono aperto alle esperienze nuove quasi senza pregiudizi. Mi sono fermato solo davanti a un piatto di gusanos, le larve di un’agave selvatica, considerati un piatto prelibato, in Messico. Non ce l’ho fatta, lo confesso.

Alla categoria delle cose che mi soddisfano anima e corpo, potrebbe esserci una cassoeula preparata con scienza e competenza, e non un risotto con il tartufo bianco fatto senza passione.

Sono un ribelle negatore del menù sequenziale predefinito. A volte, dopo aver dato un’occhiata ai menù, inverto l’ordine dei piatti. ‘Vorrei ‘questo’ e ‘quello’, ma in ordine inverso: prima ‘quello’ che chiamate secondo, e poi ‘questo’ che chiamate primo. E magari fra uno e l’altro, una cremina che chiamate antipasto. Non per capriccio: per gusto e istinto.

I ‘normali osti’ ti guardano sempre con sospetto. In America, neanche potevi provarci: mi hanno risposto che ‘non è previsto’ dalle regole: ‘prima viene questo e poi quello’. E se chiedo: ‘ok, ma la Steak, cottura rear, la voglio senza la tua salsa barbecue’, vanno in panico: ‘Wait! vado a chiedere se posso, perché il menù prescrive with la salsa. “Ma io…”. Niente da fare. Not regular.

Essendo un dilettante delle padelle e un ribelle professionale, – per principio, – le ricette… da quelle di Artusi a quelle di Cracco, non sono capace di seguirle, ma di ispirarmi e ‘copiare’, sì. Senza vergogna alcuna. È la base dell’apprendimento umano e del progresso e dell’arte.

Come Scriabin: non aveva vergogna di ispirarsi e di citare battute intere di Chopin o di Schuman.

Ma qui da Emanuele e Samantha, al MaSa, è tutta un’altra storia.

La disposizione d’animo con cui mi metto a tavola, è la fede. Senza speranza e carità. Solo la fede. Perché Manuel, è già di suo al di là di un Menù, è oltre. Al di là del bene e del male. Forse non lo sa o forse non osa ancora fare il passo, ma dovrebbe proporre semplicemente, non un menù con la classica distinzione tradizionale che impone la sequenza, ma la tavolozza dei suoi sapori da adattare all’umore dell’ospite. Che, prima che un cliente, è un ospite che cerca un’esperienza, poi un cliente che vuole un servizio.

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