“Sono nato cent’anni fa, il 19 settembre, correva l’anno 1923 e la mia famiglia si trovava letteralmente nella miseria, perché mio padre morì quando avevo quattro anni, insieme a due dei miei fratellini più piccoli. Dunque mia madre rimase sola con altri 4 figli da crescere, e ovviamente nessuno di loro lavorava, anche se la metà della nostra casa era ancora da pagare…Eravamo talmente poveri che il direttore della ‘Festi Rasini’ ogni anno a Natale ci regalava un carretto di legna…”. Camillo Bonicelli, fondatore dell’omonimo storico e fornitissimo negozio in cui, a detta dei numerosi e affezionati clienti, “si trova proprio di tutto, e per giunta a buon prezzo”, ha appena 14 anni quando parte per Milano per fare il lavapiatti: “Poi ho fatto anche il fornaio, lo stampatore di bakelite e il tornitore, finché a 18 anni, l’età del pre-militare, venni scelto per diventare allievo motorista dell’esercito. E quella fu la mia fortuna, perché poi la naja la trascorsi ad Udine, come motorista d’aviazione al servizio dei tedeschi e così evitai di partire per la guerra in Russia”. Quando torna a casa Camillo ha vent’anni e viene assunto come tornitore alla ‘Festi Rasini’; parallelamente, nel botteghino in cui suo padre aveva la sua piccola attività di calzolaio, comincia a riparare biciclette, lavorando anche di notte: “Quando mi sposai con Lucia Brusetti non avevamo ancora una casa, dormivamo in sette in una stanza e la cucina era in comune con mia mamma. Pensavo solo a lavorare e, anche se i capi della ‘Festi Rasini’ non volevano, mi licenziai e decisi di mettermi in proprio: ci volle tanto coraggio ma ce la feci, e così, parallelamente alla mia casa, costruii anche la mia bella famiglia: cinque figli – Luigi, Maurizio, Maria Grazia, Flaminio e Rossella – e a tutti riuscii a dare un lavoro. Oggi ho dieci nipoti e sette pronipoti, l’ottavo lo aspettiamo a giorni, con lui vedrò la mia quarta generazione. E’ una bella famiglia, grande e coesa, in cui regnano il buon accordo e l’armonia, e mi sento benvoluto da tutti. Devo dire però che il merito di tutto va alla mia cara Lucia che ci ha lasciato nel 2006: averla accanto è stata la mia maggior fortuna, perché ci siamo sempre capiti a meraviglia e sostenuti in ogni difficoltà. Penso sempre a lei con grande riconoscenza: a volte penso che mi sto godendo il frutto di tutti i suoi sacrifici, perché è stata davvero una sposa e una madre esemplare sotto tutti gli aspetti”. Una moglie che non gli ha mai rimproverato la scarsità del tempo che il marito le dedicava, né tantomeno la sua grande passione che la sera lo allontanava spesso da casa: “Sì, ho sempre avuto la passione per il teatro, l’unica del resto perché altre – il bar, lo sport, ecc…- non ne avevo. Ancora quando lavoravo a Milano tornavo a casa per le prove, e le parti le studiavo di notte, avrei tanto voluto studiare recitazione ma non ce n’era la possibilità…
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