Bueggio è il primo paese travolto dalla valanga di acqua piombata giù dalla valle del Gleno. Dopo aver distrutto case, chiesa, campanile, la prima centrale sotto il paese, l’ondata avanza spianando tutto quello che si trova nella vallata.
“Mentre andavo a scuola ho sentito un frastuono e poi, girandomi, ho visto le piante volare come uccelli, nella zona della centrale di Valbona la nebbia aveva come preso fuoco” (Mario Romelli – Meto di Vilminore).
“Eravamo qui in casa, d’improvviso è stato come un terremoto, il vento rompeva i vetri delle finestre. Siamo usciti con davanti il parroco e dall’alto abbiamo guardato giù: c’era un banco di nebbia, dalla centrale sotto Bueggio si è alzato un fuoco tremendo. Quando la nebbia si è diradata abbiamo visto quelli che si erano salvati vicino ai boschi, sopra le case del paese” (Domenico Magri – Pianezza).
A Vilminore c’era la villa del Viganò. Vale la pena riportare di nuovo la testimonianza della donna che era di servizio con la sorella: “Mia sorella Marina stava scopando vicino all’oeto quando mi gridò di ascoltare un rumore. I vestiti ci si bagnarono senza motivo apparente, l’umidità dell’aria, pensammo che si fosse rotto il canale lì vicino che portava l’acqua al bacino di S. Maria. Siamo scese in cortile. In quel momento esce la segretaria del Viganò. Quando le abbiamo spiegato la nostra paura è rientrata a chiamare Casati, Viganò e gli altri. Siamo scese da una stradina per guardare nella valle, si vedeva coma una montagna nera e non si capiva cosa fosse. Prima che l’acqua arrivasse le piante si spianavano. Ad un tratto abbiamo visto un grande bagliore: erano le centrali che bruciavano. Il Viganò si era allungato per terra e batteva la testa sui sassi. Gridavano e piangevano tutti”. (Catì Bonicelli in Capitanio – Vilminore).
Più in basso, frazione Sant’Andrea, la gente si avviava al lavoro: “Ero d’accordo con mio fratello che sarei sceso al Dezzo e poi saremmo andati per legna. La nonna mi sveglia, ma ero duro ad alzarmi. Tre volte è venuta a chiamarmi. Poi è venuto lo zio e sono dovuto uscire dal letto. Mi sono avviato giù per la strada che porta al Dezzo. Avevo appena passato le case delle Fucine, ho guardato giù in basso e ho fatto in tempo a vedere il fiume di acqua che si portava via il santuario della Madonnina. Subito dopo si sono alzate le fiamme, altissime, a me sono sembrate alte come la Presolana, l’acqua era arrivata alla centrale e poi al forno fusorio del Dezzo. Un uomo passava di lì correndo e mi ha gridato di tornare indietro perché era scesa la diga” (Carlo Pedrini – Sant’Andrea di Vilminore).
In quasi tutte le testimonianze c’è l’immagine di quelle fiamme altissime che si erano levate dalle centrali, prima di Bueggio, poi di Valbona, poi di Dezzo e più in basso di Mazzunno.
Anche a Dezzo (paese diviso a metà, una sponda in Comune di Azzone e l’altra in Comune di Colere) la gente si era svegliata dai suoi incubi quotidiani dello sbarcare il lunario con “quelle due paure sopra la testa”. “Ero a letto ammalato, al primo piano di questa casa e non avevo sentito niente. Sono venuti su a prendermi e mi hanno portato in una casa più in alto. Queste case si sono salvate per puro caso perché la fiumana è stata deviata verso l’altra sponda dal masso che c’è qui davanti, con sopra la casa del Curato”. (Giovanni Allegris – Dezzo di Azzone).
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