Vinicio Peluffo: “Il Pd l’unico partito che lavora di squadra. Gli altri sono partiti personali, tutti con il nome del leader nel simbolo. Giocavo a football americano, sì passa la palla agli altri. Per andare in meta tutti insieme, come in politica”

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Vinicio Peluffo, segretario regionale del PD, candidato nel collegio Uninominale di Bergamo, un po’ a sorpresa, visto che arriva da Milano. Classe 1971, nato il 21 marzo a Rho, un curriculum infinito e tanta gavetta alle spalle: “L’ho fatta tutta la gavetta – comincia Peluffo – consigliere comunale al mio paese, assessore, anche consigliere di opposizione”.

Ho letto che da giovane giocavi a football americano.

“Sì, negli anni ’80, allora era uno sport poco diffuso in Italia, ma a me piaceva molto, era molto impegnativo dal punto di vista fisico, mi ha sempre affascinato perché è davvero un gioco di squadra, ognuno ha un ruolo ben preciso e si va in meta solo se si seguono degli schemi. Lo sport di squadra deve dare stimoli che portano a tirare fuori il meglio di quello che si ha dentro, ti spinge al massimo della cooperazione con gli altri. Io ero quello che passavo la palla agli altri, la lanciavo, prendevo un sacco di botte…”.

Ti sei iscritto nel PCI a 18 anni, nel 1989, eravamo alla vigilia di grandi speranze, la caduta del Muro di Berlino e molto altro.

“Quelli sono stati gli anni della formazione nei quali ognuno trova dentro di sé la motivazione per compiere delle scelte, io ho fatto la scelta di una politica di sinistra perché avevo voglia di provare a cambiare il mondo a partire dal mio quartiere con uno sguardo alle grandi contraddizioni del presente. Si respirava tanta speranza perché c’era Gorbaciov che aveva dato una grande speranza a livello internazionale. Putin ha invece conservato quei tratti di autoritarismo nelle radici profonde del periodo staliniano”.

Tu sei entrato nel PCI proprio in quel momento, stava crollando il Muro di Berlino e veniva ridiscusso il ruolo a sinistra di santa Madre Russia.

 “Io sono entrato in una fase in cui il PCI era il partito del nuovo corso con Achille Occhetto impegnato a superare le vecchie appartenenze, una sinistra europea con un grande protagonismo sul tema dei diritti e dell’ambiente. Per un 18enne il PCI era il partito che stava cercando di dare protagonismo alla società anche femminile”.

Sei stato protagonista di tutta l’evoluzione del PCI che poi è diventato prima PDS e poi DS con D’Alema fino alla fondazione del nuovo Partito Democratico e sei diventato capo della segreteria di Veltroni, hai fatto parte della Commissione dei 100 che hanno scritto lo statuto del Partito Democratico. Insomma hai bruciato le tappe.

“Una commissione che ha scritto lo statuto del PD, costituita nel 2007 per mettere insieme quelle che sono le diverse componenti della Sinistra italiana. Nel 2007 alla sinistra il cattolicesimo democratico e i diversi affluenti del riformismo italiano. Siamo nati per cambiare la politica italiana, per cambiare la società italiana grazie a una cultura del riformismo molto robusta che voleva dare un segno alla nuova Sinistra”.

Voglia di cambiamento però nel frattempo il PD è stato al governo ed è riuscito a cambiare qualcosa?

“Il PD al governo ha compiuto due stagioni differenti, una nella quale è stato protagonista di vittorie elettorali e una nella quale è stato suo malgrado anche protagonista della necessità di dare una mano a questo paese. Nel corso di questi anni ci siamo trovati di fronte a situazioni in cui abbiamo rischiato di andare a gambe all’aria. La prima è stata quando nel 2011 il governo di centro destra guidato da Berlusconi, del quale faceva parte anche la Meloni come ministro, in tre anni dal 2008 al 2011 ha dissipato l’avanzo primario che era stato  accantonato, ha aumentato il debito pubblico, ha esposto il nostro paese a una gravissima crisi finanziaria perché ci ricordiamo cosa fu lo spread del novembre 2011…

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